Oggi porto il nome di Uma, è il 22 Agosto 2024, sto facendo decluttering del computer, trovo questo documento .. lo leggo, sorrido. Sono passati 3 anni … decido di condividerlo lo stesso, oggi ore 16:33.

Documento creato il 29 Novembre 2021 ore 16:51

(Carolina scriveva)

Questo è uno di quei post che prima di pubblicare mi fa titubare mezzo secondo, solo per la possibilità che i miei cari lo leggano e si preoccupino per la mia salute mentale! Ahah

Beh se lo state per leggere, non preoccupatevi, sono sul pezzo!

Un po’ più di un mese fa, dopo aver posticipato per quasi due anni l’idea di partecipare ad una costellazione familiare, mi sono svegliata una mattina e l’ho prenotata. Non sapevo che quel giorno sarebbe stato l’inizio di un percorso ancora più profondo, proprio io che credevo di essere già andata abbastanza in profondità. Solo ora capisco che, pur facendo un grande lavoro interiore tra svariate forme di yoga, meditazione e terapia, in realtà la mente è sempre più brava del tuo cuore ad evitare quello che non può controllare, le emozioni. C’è del controllo anche nello scegliere cosa può essere più o meno adatto a noi, d’altronde adatto non significa per forza giusto o utile per noi, può essere adatto per evitarci la fatica di vedere ciò che non vogliamo vedere, facendo finta di guardare qualcos’altro. Questo almeno finché non ci sentiamo pronti ad affrontare le nostre verità.

Quando ho incontrato Barbara per il mio primo incontro di costellazioni è stato per me una vera sfida, forse la più difficile di tutti i tempi. Un conto è pensare e rimuginare sulle tue paure, sviarne altre e aggrapparti al tanto decantato positive thinking; un altro è verbalizzarle, quasi vederle materializzarsi e sentire che percorrono ogni cellula del tuo corpo mentre sei lì che cerchi di esternare la più grande verità che viene da chissà quale abisso della tua anima e che bella addormentata è pronta a cominciare il suo concerto sensoriale.

Sono sempre stata una persona appassionata verso il conoscersi, scoprirsi, sfaldarsi nella speranza di ricrearsi inseguendo qualche inconscio canone di perfezione interiore. Ecco oggi, invece, la speranza non è quella di ricrearsi ma di sentire davvero che cosa significa l’amore per me stessa, così come sono, imperfetta, evitando il dualismo e il giudizio di parti negative o positive. Perciò nell’ultimo mese mi sono ritrovata piano piano a spogliarmi di strati di muri, barriere, colossi che meticolosamente avevo costruito nel tempo per sentirmi protetta, solo per accorgermi che avevo costruito un vero e proprio labirinto di finta perfezione dove la mia anima nel frattempo si stava ben preparando alla ribellione. È come se avessi incastrato ogni parte di me, anche la più piccola, dentro questo puzzle che voci di corridoio avevano costruito per me, convincendomi che era proprio il puzzle che desideravo. Quindi ho deciso di distruggerlo, di sentire lo spazio doloroso di parti di me che si erano assopite ma che non avevano mai smesso di sentirsi soffocare.

Le prime due settimane post costellazione il mio corpo non voleva saperne di esistere nella collettività. Stava spurgando anni di clausura e voleva solo che gli concedessi il riposo necessario di chi per anni è stato imprigionato in un posto che non gli apparteneva. Barbara mi ha aiutata a superare questo momento con i suoi trattamenti e mi ha proposto di iniziare un percorso assieme di guarigione. Ed è così che ho cominciato a risvegliare emozioni dormienti, che aspettavano evidentemente solo un mio cenno per essere pronte ad essere guardate, ascoltate, provate e comprese. Quasi erano lì come dei soldatini sull’attenti e alcune pure spingevano impazienti per farsi ascoltare per prime!

Nelle ultime due settimane mi sono sentita morire dentro miliardi di volte, è indescrivibile l’immensità di queste emozioni e quanto forte si possano far sentire. Un po’ mi sono rivista in Kantu, la protagonista del libro “la profezia della curandera”, mentre rinchiusa in una grotta è costretta a rimanerci finché non passa attraverso tutte le sue paure più latenti. Ho davvero capito che cosa significa toccare il fondo dentro noi stessi. Inizialmente ero terrorizzata, volevo solo scappare, pensavo di star impazzendo, pensavo a come fosse possibile che consciamente avessi scelto di vivere tutto questo dolore. 

È stata dura, ed è stata dura sapere che quelle emozioni le conoscevo bene, erano quelle da cui ho cercato di scappare fin dai tempi che furono: il senso di inadeguatezza, di non appartenenza, di forzarsi ad incastrarsi in qualche parte del mondo ma non sentirsi mai davvero parte di nulla, la paura di essere “troppo”, troppo profonda, troppo sensibile, troppo intuitiva, troppo diversa per essere accolta dagli altri, dal mondo. Quella ricerca costante di approvazione esterna che però non ti basta mai perché manca la tua stessa approvazione. Quella fobia di non riuscire ad omologarsi e sapere che scegliendo la tua strada devi davvero ricordare chi sei in modo viscerale, affinché nessuno possa scuotere le tue radici.

Poi, in uno di questi giorni bui, una bellissima persona, Elena, mi disse “non analizzare o cercare di capire quello che stai provando, siediti, respira, piangi e ascolta quello che ha da dirti. Passarci attraverso è l’unico modo”. 

E così ho fatto e solo adesso riesco a vedere quanto coraggiosa sono stata ma anche quanto potente può essere l’essere presenti per sé stessi.

Quindi, dopo giorni nel buco nero, dove le lacrime erano l’unica cosa che conoscevo, oggi qualcosa ha fatto clic. Stavo insegnando a due splendide donne, tra cui la mia mamma, e ho sentito quest’onda soffice di amor proprio illuminarmi il cuore. Quasi mi è sembrato di ascoltarmi e sentirmi dall’esterno, e come se fossi un treno incastrato male in un binario, in un millesimo di secondo sono rientrata nella carreggiata giusta. Mi sentivo, mi piacevo, era bello stare nella mia pelle ed essere me!

E li ho capito.

Non possiamo conoscere l’amor proprio finché non impariamo ad amare la nostra oscurità, la nostra fragilità, la nostra imperfezione e le nostre emozioni più buie. Solo imparando ad accettare queste ultime, ad amarle e a ringraziarle, considerandole come ogni altra parte di noi che magari apprezziamo con più facilità, riusciremo ad abbracciare noi stessi davvero.

Un’amica qualche giorno fa mi ha detto “Carolina ma non è che questo tuo infinito cercare alla fine si risolvi in cercare qualcosa che non c’è?” e seppur avessi dato una risposta esaustiva su come non stessi cercando nulla di nuovo o di ‘in più’ ma qualcosa che sapevo ci fosse dentro di me da qualche parte, solo oggi potrei dirle che sì, stavo cercando instancabilmente le mie paure più profonde per imparare ad amarmi e sentire che non c’è nulla di sbagliato nella mia natura, anche quando non è così piacevole.

E voi? Vi è mai capitato di provare qualcosa che neanche vi sapete spiegare, un malessere interiore che vorreste strapparvi via dal cuore? Se sì. Come avete affrontato i vostri demoni? Vi è mai capitato di aver paura di essere troppo per gli altri? O semplicemente di provare delle emozioni che non avete il coraggio di raccontare a nessuno per paura di sentirvi incompresi o addirittura derisi per la vostra profondità?

Una cosa è sicura, non siete soli!

Aspetto di leggervi,

Carolina

La qui presente Uma, Agosto 2024, sorride .. questo scrivevo 3 anni fa, prima di intraprendere un percorso ancora più in profondità .. di cui ovviamente, a questo punto, dovrò raccontarvi! 

(Chissà forse è la volta buona che prendo sul serio l’idea del Blog!)